Annusando l’aria

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Questo paese ha urgente bisogno di una iniezione massiccia di sistemi meritocratici.

Lo spunto per far tornare in auge la questione l’ha dato Report, la trasmissione di Rai Tre, nella puntata che è andata in onda Domenica 22 Ottobre 2006 e che ha reso di pubblico dominio le liquidazioni e gli stipendi milionari (in euro) garantiti ai top-manager pubblici, ancorché non in grado di portare risultati con il proprio lavoro. Esempi eclatanti sono quelli delle FS e di Alitalia, giusto per citarne un paio.

Report potrebbe essere considerata trasmissione faziosa, la vergogna rimane, e fa indignare gli elettori da destra a sinistra. Ormai tacciare di populismo e demagogia chiunque si permetta di esprimere ribrezzo per la situazione non è più antidoto efficace contro il fastidio e l’amarezza dei cittadini, che stanno lentamente oltrepassando il confine della rassegnazione e per entrare nel territorio della rabbia.

Il Parlamento è un circo abitato da strani personaggi che dovrebbero –lo dice la parola stessa- parlarsi, invece parlano e basta, spesso gli uni contro gli altri, distinguibili quasi esclusivamente attraverso la spillina del partito di provenienza puntata sulla giacca.

Una meritocrazia però dovrà nascere dalle ceneri della partitocrazia (che sempre più assomiglia ad una leadercrazia), non proporsi come suo naturale sviluppo migliorativo o sua continuazione sul modello dell’Araba Fenice, dalle ceneri rimaste dopo il passaggio di un furioso incendio purificatore.

Radere al suolo è l’unica azione plausibile quando del vecchio nulla si voglia conservare. Ma è a questo punto che si ripropone un atteggiamento molto italiano, quello per cui – in una causa penale importante- ognuno sceglierebbe di farsi difendere da un esperto avvocato settantenne piuttosto che da un brillante e talentuoso giovane. Questo perverso meccanismo riporta continuamente sulla cresta dell’onda gli esponenti della gerontocrazia, quelli che con l’esperienza hanno accumulato abilità tecnica nell’utilizzare gli strumenti propri del governo e della politica, a discapito di coloro i quali avrebbero capacità ed idee migliori. Quale italiano darebbe fiducia ad un partito composto da trentenni? Come convincerlo che quel partito potrebbe avere delle possibilità di spuntarla contro l’esercito dei vecchi marpioni che non vogliono essere spodestati e resistono con le unghie e con i denti?

Purtroppo il Parlamento è specchio della società che rappresenta, ed è davvero facile riscontrare nei comportamenti quotidiani delle persone tutti i preoccupanti difetti evidenti nelle Istituzioni, e la cosa più triste è sentir dire è normale, siamo italiani. Salvo offendersi se qualche Capo di Stato straniero –fermi restando il cattivo gusto ed il dubbio valore democratico del personaggio- fa notare che la parola mafia è vocabolo di italico conio.

Siamo una Repubblica fondata sugli ultrasessantenni, e magari potrebbe suonare corretto che a governare un paese di questo tipo siano gli ultrasessantenni o giù di lì, sicuramente più vicini alle reali esigenze della maggioranza degli elettori. Se così dev’essere, così sia, basta che lo si renda esplicito e che si orientino tutte le forze e le energie verso l’obiettivo di costruire una nazione ed uno stato sociale in linea con il dato di fatto, vorrà dire che i giovani imprenditori abbandoneranno le vecchie produzioni e si dedicheranno ad altre più confacenti al mercato di riferimento. È inutile produrre scarpe da ginnastica se nessuno fa più footing, come è inutile avere università se nessuno fa ricerca.

Quello che è curioso è che, annusando l’aria, facilmente ci si forma la convinzione che siano proprio gli elettori sopra i cinquant’anni a chiedere a gran voce di far spazio e fornire mezzi ai giovani, gli unici in grado di intendere la politica in un modo assolutamente non contaminato dal virus del potere. La paura viene sulla soglia della cabina elettorale, e i risultati delle elezioni lo dimostrano senza ombra di dubbio.

I partiti unici si riveleranno l’ulteriore gioco di prestigio per chiudere gli spazi al rinnovamento della politica, una mossa strategicamente ineccepibile che sbatterà la porta in faccia ad ogni eventuale terzo incomodo che volesse affacciarsi sulla scena. Forse ai cittadini resteranno le primarie per eleggere il leader.

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